Lo scorso 20 agosto 2020 ho avuto il piacere di accompagnare il prof. Giorgio Osti e la ricercatrice Caterina Bracchi, in un primo giro alla scoperta di una parte del territorio mantovano, per meglio comprendere le dinamiche tra fiume, città e associazionismo locale. La giornata è stata ben riassunta nel precedente articolo pubblicato da Caterina in questo blog. Lo scopo di questo successivo e breve racconto vuole idealmente anticipare il secondo giro, che dovrà meglio indagare le potenzialità e le criticità della parte bassa dei laghi, quella di cui non si parla di balneabilità e che ancora soffre di un consistente inquinamento di metalli pesanti e idrocarburi, dovuti agli oramai dismessi impianti dell’ex-raffineria, adiacente alle acque dei laghi.

Per meglio comprendere il rapporto che una città instaura con l’acqua, è doveroso capire cosa avviene e cosa fermenta sulle sue sponde. Nel 2018 viene presentato al World Forum on Urban Forest di Mantova il progetto del primo Bosco Post-Industriale sulle rive del lago, in un’area adiacente all’ex-raffineria IES. Successivamente ne scaturisce un’iniziativa di crowdfunding per la raccolta di fondi necessari per la piantumazione del lotto. Il bosco sorge su di un terreno privato di circa 13 ettari il cui obiettivo è rendere l’area fruibile e di libero accesso al pubblico. L’intervento, in fase di realizzazione, sarà necessariamente progressivo ed il programma delle attività prevederà molteplici usi e funzioni (da quello sportivo e ludico a quello produttivo), oltre che affiancarsi all’attività agricola urbana di tipo non alimentare.

Sarà un’area boschiva aperta ed accessibile alla cittadinanza, facile da raggiungere ed esplorare a piedi o in bicicletta. Il progetto nasce come un’iniziativa corale e collettiva, chiunque può far parte del Bosco Post Industriale, prendersene cura ed arricchirlo con iniziative ed occasioni per ricordarci che noi stessi siamo parte della natura. I partner principali, che hanno lanciato la proposta, sono molteplici e di natura differente: innanzitutto la Società Agricola Il Platano, proprietaria del terreno; Osun WES società che si occupa di ricerca ed economia sistemica; l’Associazione R84, che gestisce il progetto R84 Multifactory; il Centro Studi per l’Economia Sistemica, di cui faccio parte, che ragiona sul Bosco come occasione di sviluppo e protagonismo giovanile; ed infine per gli aspetti più tecnici e paesaggistici l’architetto Marco Masotto, uno dei primi ideatori del progetto, che ha a cuore la riva sinistra sin dai tempi dell’Università.

Questo bosco non ha solo un valore ambientale e non produce solamente servizi ecosistemici ma ha anche una matrice collettiva e di visione condivisa. Per questa ragione è più di un progetto di riqualificazione e rigenerazione, è la rappresentazione di una voce comune, della volontà di molte persone e realtà che credono nell’importanza di questo luogo. Il Comune di Mantova, ad oggi, non ha nessun ruolo attivo nell’iniziativa ma osserva con attenzione il suo evolversi perché consapevole di possedere molte aree comunali peri-urbane nelle stesse condizioni di sotto-utilizzo.

Il modello di sviluppo orizzontale alla base del progetto, è quello già messo in pratica dalla Multifactory mantovana di R84, che come Centro Studi stiamo analizzando affinché possa essere replicato anche in ambiti e contesti differenti, tipo quelli rurali. Le figure presenti sul territorio, dal singolo cittadino ad altre associazioni o enti, daranno vita a progetti condivisi, dove la dimensione del “dono” non è solamente rappresentata da un trasferimento di denaro ma è quella di acquisire un ruolo attivo nel mantenimento e nella cura del bene comune oggetto di sviluppo. Crediamo che i privati, riuniti in progetti coordinati, possano incidere radicalmente sulla società e sul territorio. L’iniziativa privata può rendere migliore il mondo del quale facciamo parte, perché la “cosa pubblica” altro non è che “la cosa di tutti noi” e se ciascuno mette piccole o grandi risorse al servizio di tutti, il risultato può essere straordinario.

Dunque partendo dai margini, le sponde del lago, potremo creare nuovi servizi e benefici non solo alle persone ma a ciò che sta al centro, cioè alle acque del Mincio, estendendo così, attraverso progettualità differenti, il dibattito locale dalle acque del lago superiore a quelle del lago di mezzo ed inferiore.

Francesco Galli, CSES – Centro Studi per l’Economia Sistemica