Rovigo, 23-24 ottobre 2020

Programma

Il ciclone Vaia che ha colpito nei giorni 29 e 30 ottobre 2018 una vasta area delle Alpi orientali ha segnato un punto di non ritorno nella manifestazione e consapevolezza del cambiamento climatico. La magnitudo del fenomeno, la sua durata e l’estensione della zona colpita fanno pensare ad un salto di qualità delle manifestazioni meteorologiche correlate al cambiamento climatico. In particolare il vento assurge a simbolo di tale punto di svolta (turning point); i testimoni quasi unanimi hanno sottolineato che frane e alluvioni erano accadute e sono state in qualche modo inquadrate (framed), ma un vento così forte, persistente e in grado di abbattere un altro dei simboli della montagna (ampie porzioni di bosco) non si era mai visto.
Se il vento assurge a simbolo del cambiamento climatico, l’altro elemento intrigante è l’intreccio che si ha fra l’evoluzione degli ambienti a bassa antropizzazione e le misure socio-tecniche adottate dalle popolazioni umane e organizzative per contrastarlo. In gergo si dice co-evoluzione, approccio che diffida di ogni determinismo tecnico o ambientale. Un esempio dovrebbe aiutare a capire. L’assetto forestale colpito dal ciclone Vaia non ha nulla di naturale nel senso di wilderness, ma è il frutto di successive scelte e equilibri che si sono avverati in quelle aree. È evidente che la densità degli alberi, il fatto di essere sempreverdi, la loro conquista di aree un tempo a prato ha modificato l’impatto del vento forte. Densità, composizione delle specie arboree e recente riconquista del bosco sono anche frutto di azioni o omissioni degli attori umani. Banalmente gli assetti economici internazionali influiscono sulla selvicoltura e industria del legno di quelle aree.
L’aria è una delle componenti fondamenti dell’ambiente. Con il fuoco, il suolo e l’acqua va a comporre la base materiale dell’esistenza.

Tale composizione ha origine nella filosofia greca antica, ma ci piace ricordare il compianto Osvaldo Pieroni, uno dei primi sociologi dell’ambiente italiani, che la usò per titolare un suo libro (Pieroni 2002). Ebbene nella comunità di pratiche ‘aree fragili’ il fuoco o energia è stato trattato in uno dei primi convegni (2007), la terra nel 2013 (Corsa alla terra) e l’acqua l’anno successivo (Smart waters. Cooperazione e sicurezza idrica nelle aree fragili). Mancava l’aria. Componente che viene proposta per il convegno 2020, il 15° della serie, con il solito taglio analitico e promozionale: a) verificare se l’atmosfera ha una rilevanza speciale nelle aree rurali, mettere in luce i problemi, b) vedere se e come vi sono risposte pro-attive.

Dimensioni rilevanti 

Nel titolo il vento è l’elemento simbolico, quasi poetico; l’aria rimanda alla base fisico-materiale che permette la vita, mentre il fumo rappresenta l’aspetto problematico, il follow-up socio-tecnico dell’uso dell’aria. Notoriamente, il cambiamento climatico è provocato da anidride carbonica liberata dalla combustione delle fonti fossili. Questa non ha colore né odore; però il fumo è il simbolo della crisi ambientale ben prima che emergesse il problema del surriscaldamento del pianeta. Something in air rende bene sia la natura impalpabile dell’inquinamento atmosferico ed anche le difficoltà a coglierlo.

Una buona strategia è spacchettare il fenomeno per figure rilevanti nelle aree rurali:

  • Il vento non può non essere associato alla produzione di energia eolica. Le pale soprattutto in Italia sono collocate in aree emblematicamente ‘marginali’, come i valichi alpini o i bordi rurali dei sistemi urbani
  •  Il pm10, particolato al di sotto di 10 micron, è fenomeno che fa ‘impazzire’ le amministrazioni cittadine; ma vi è ormai consapevolezza che in taluni contesti, come la pianura padana, esso sia diffuso anche in aree rurali.
  • Correlato a questo fenomeno vi è da considerare la distribuzione delle centraline che raramente sono posizionate in aree rurali, le quali potrebbero sopperire con sistemi di automonitoraggio -> esperimenti di rural citizen science
  •  L’ampia diffusione nelle aree rurali delle stufe e caldaie a legna o a pellet è fattore che incrementa la produzione di polveri sottili nell’aria, che si aggrava nel caso di sistemi di combustione poco efficienti o di pellet di cattiva qualità -> teleriscaldamento da biomasse
  • Il something in the air impalpabile riguarda spesso gli odori derivanti da allevamenti intensivi, impianti di depurazione e compostaggio, cementifici. Questi impianti raramente sono in aree densamente abitate, perché la pressione e le proteste dei cittadini diventano difficilmente contenibili. Nelle aree a bassa densità la massa critica della protesta risulta inferiore a parità di disturbo odorifero
  • Le zone costiere, come bordi, creano brezze che hanno valenze positive per la salute, la pratica di certi sport (windsurf, parapendio….), il senso generale di piacere. Questo fattore è largamente sfruttato dall’industria turistica che ha creato in gran parte delle zone costiere vere e proprie condensazioni urbane. Ciò nonostante, non possiamo dimenticare gli effetti concomitanti negativi, come lo scirocco e l’acqua alta sulle zone costiere, tipicamente Venezia, ma non solo
  • Le aree dove si scontrano correnti d’aria di diversa temperatura sono più soggette a eventi meteorologici estremi. Tali situazioni non colpiscono meccanicamente sempre le stesse aree. Però si può pensare che alcune siano maggiormente predisposte. Ciò implica un paziente lavoro di delimitazione probabilistica di zone che possono non corrispondere alle classificazioni urbano-rurali o pianura-rilievo.
  •  Un problema la cui dimensione e forma è da precisare riguarda le piogge acide e la loro influenza su boschi e prati e quindi sulla catena alimentare. Anche la presenza abnorme di ozono è da capire se abbia una diffusione in senso rurale. In ogni caso il rurale è da intendersi come variabile di sfondo che necessita di diverse precisazioni.
  •  I problemi di emissioni di gas climateranti di allevamenti intensivi di animali generalmente posizionati in aree rurali sia per ridurre impatto degli odori sia le proteste dei residenti; entrambi i fenomeni sono già menzionati nei punti precedenti.
  • Un aspetto positivo delle aree rurali è la prevenzione delle ondate/isole di calore. Che fanno molti morti e pochi danni alle cose; il contrario delle alluvioni che fanno pochi morti ma molti danni alle cose.

Comitato organizzatore: Giorgio Osti, Giovanni Carrosio, Giovanni Osti e Sara Fabbro.