Francesco Aliberti (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”) Elisa Avellini (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)

 La città di Roma è continuamente soggetta a negoziazioni riguardo ai tratti culturali più “autentici” da (ri)produrre e presentare, ponendosi al centro di una mobilità di corpi, oggetti e idee che si inseriscono in ideascapes su scala globale. Il fiume Tevere sembra però essere stato escluso da tali dinamiche, e anzi viene raccontato attraverso la retorica del “perduto” che sottolinea la sua “uscita” da Roma a causa della costruzione di corpi mediatori, i muraglioni, che lo pongono a una quota estranea alla città. L’associazione Tevereterno, per recuperare il territorio fluviale, lo ha reso un luogo di “cultura”, affidandosi al noto artista sudafricano William Kentridge.

Attraverso un murales dall’essenza volontariamente effimera (scomparirà nell’arco di pochi anni), lungo 500 metri e alto quanto i muraglioni, l’artista e l’associazione hanno avviato un processo di produzione del sito volto a costruire e valorizzare risorse da sfruttare a livello turistico, generando diversi conflitti. Il principale riguarda quale tratto culturale sia “degno” di occupare quella parte del fiume: l’estetica e la storia della città, secondo l’associazione; il commercio, secondo i venditori locali che solitamente occupavano quello spazio durante l’estate. Nonostante i venditori, legittimati dalle istituzioni, fossero venuti incontro alle istanze culturali organizzando eventi di natura artistica, sono stati costretti a spostarsi.

L’etnografia può mostrare come il fenomeno metta in mostra le capacità dell’opera d’arte di oggettivare una risorsa culturale romana (la sua epica storica) in una nuova forma di identità (effimera, decadente e anticamente trionfale), essenzializzando questi tratti e destoricizzandoli.

Attraverso il confronto interdisciplinare con architetti e urbanisti, è possibile osservare come il progetto possa utilizzare strumentalmente pratiche quotidiane (reali o supposte) allo scopo di (ri)colonizzare parti di città, creando mobilità turistica multi-scalare (cittadina, nazionale, internazionale), così da (ri)inserire il Tevere dentro Roma entro una retorica del “perso e ora recuperato” però pur sempre attraversata da dinamiche conflittuali di accettazione.

Bibliografia di riferimento:

Appadurai, A. (1996), Modernity at Large. Cultural Dimension of Globalization, Minnesota; Bourdieu, P. (1979), La Distinction. Critique sociale du jugement, Paris; De Certau, M. (1980), L’invention du quotidien, Paris; Gehl, J. (1971), Life between Buildings: Using Public Space, London; Simonicca, A. (2015), Cultura Patrimonio Turismo, Roma. 
Abstract presentato al IV Convegno Nazionale Società Italiana di Antropologia Applicata Politiche, diritti e immaginari sociali: sfide e proposte dell’antropologia pubblica Università degli Studi di Trento Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale via Verdi, 26 – Trento Trento, 19 – 21 dicembre 2016