E’ uscito a fine maggio 2024 il PNIISSI che raccoglie 521 interventi ammissibili per una spesa di quasi 12 miliardi di euro. Un documento per il quale urge una valutazione indipendente e sistematica, difficile da farsi perché la lista degli interventi (c’è l’obbligo di trasparenza) richiede uno sforzo di analisi quanti-qualitativa impressionante. Vi sono infatti numerose implicazioni tecniche e contestuali difficili da inquadrare. Un primo sforzo in questo senso deriva dalla “Deliberazione” del Collegio del Controllo Concomitante della Corte dei Conti che fa alcune cose utilissime: ricostruzione degli antecedenti legislativi, individuazione dei criteri di analisi e dell’iter amministrativo, prima classificazione per tipo di intervento incrociato con le macroaree dell’Italia. Molte cose sono da capire meglio e seguire nella loro sperabile realizzazione. Quello che colpisce nella elaborazione del PNIISSI è la modalità di costituzione: la valutazione di 562 proposte progettuali giunte da ATO, utility dell’acqua e consorzi di bonifica; quasi tutte le proposte sono state accettate, come a dire il Piano assomiglia ad un enorme processo bottom-up con una regia centrale (governo nazionale, nella fattispecie il MIT e la Cabina di Regia) volutamente debole (semplificazione della governance), relegata a procacciatrice di fondi …. Il governo dell’acqua italiano somiglia così ad un sistema federale sui generis nel quale emergono potenti corporazioni come le multiutility e i consorzi di bonifica.
Seminario organizzato dal Campus Universitario di Forlì (UniBo, prof. G. Manella), in collaborazione con l’insegnamento di Sociologia dell’ambiente e del territorio dell’Università di Padova (prof. G. Osti)
16 maggio 2024, ore 9.30
Lo scopo è capire se e come le scienze sociali si possono inserire nelle politiche di sicurezza idraulica proponendo analisi su due versanti: gli assetti urbanistici che rendono particolarmente vulnerabili i territori alle inondazioni, e il funzionamento delle istituzioni volte a garantire la sicurezza idraulica, andando oltre il consueto appello alla partecipazione della società civile. Il punto di convergenza è la socializzazione idrica, la quale ha bisogno di incarnarsi in territori specifici e di ricerche sul campo. E’ quello che si vuole fare con i fiumi Ronco e Montone a Forlì
La tragica alluvione del maggio 2023 che ha colpito quasi tutta la Romagna non può essere liquidata con la sola straordinaria quantità di pioggia caduta in quei giorni (piena su scala millenaria) né essere solo oggetto di schermaglie politiche. L’intreccio fra morfologia dei fiumi, sviluppo urbano e organizzazione dei servizi di protezione idraulica e civile è fortissimo e richiede uno studio interdisciplinare. La complessità è notevole e, tutt’oggi, non vi sono modelli che includano cambiamento climatico, idrologia, assetti territoriali e stili organizzativi delle comunità locali. Per semplificare serve individuare casi emblematici, messi a durissima prova dagli eventi alluvionali dello scorso anno. I fiumi Ronco e Montone, che scendono quasi paralleli dall’Appennino, lambiscono la città di Forlì e poi si uniscono a Ravenna, si prestano a essere un caso di studio comparativo esemplare. La loro esondazione infatti ha avuto conseguenze diverse sul tessuto urbano, industriale e agricolo del forlivese. Ciò è dipeso dalla loro morfologia, senza dubbio, ma non solo. Fattori culturali, sociali e organizzativi hanno pesato nel diverso impatto alluvionale dei due fiumi sui territori sia a monte, sia nella zona mediana (via Emilia) sia a valle. Il seminario si propone di iniziare a dipanare l’intreccio socio-idrico dei due fiumi in modo da far emergere sia i ruoli di componenti esperte e profane sia alcune prospettive di azione futura nell’ipotesi che anche letture sociologiche del territorio possano avere una rilevanza nelle decisioni degli attori deputati alla sicurezza idraulica.
Documentazione
Dopo l’alluvione dell’Emilia Romagna va ripensato tutto, di Luca Carra, Scienzainrete, 15 maggio 2024 https://www.scienzainrete.it/articolo/dopo-lalluvione-dellemilia-romagna-va-ripensato-tutto/luca-carra/2024-05-15
Alluvione, la proposta: l’’idrocittà’: “Quartieri che dovranno conviverci” L’idea dell’ingegnere Andrea Nardini, che boccia le casse di espansione, in un incontro di Legambiente “È naif pensare che non risuccederà. Vanno selezionate zone in cui il fiume, allagando, faccia meno danni”. il Resto del Carlino, 10 maggio 2024
L’alluvione in Emilia-Romagna. Gli interventi in emergenza. L’inquadramento meteo e idrologico. Gli effetti sul territorio e sull’ambiente. Le prospettive di prevenzione e adattamento per creare comunità più resilienti, “Ecoscienza”, Rivista di ARPAE, n. 5 novembre 2023, anno XIV.
Piano degli interventi contro il dissesto idrogeologico e per la ricostruzione post-alluvione della Romagna: entro giugno il varo https://www.forlitoday.it/cronaca/dissesto-idrogeologico-e-ricostruzione-post-alluvione-entro-giugno-il-piano-definitivo-degli-interventi.html.
Ora (26 apr 2024) escono alcune interessi anticipazioni su cosa contiene il piano regionale; qui una estrema sintesi: https://corrieredibologna.corriere.it/notizie/cronaca/24_aprile_25/alluvione-in-emilia-romagna-il-piano-di-prevenzione-dopo-il-disastro-spostare-3-400-tra-case-e-aziende-ed8aca1e-55af-49c2-aaaa-2a2ef58bdxlk.shtml?refresh_ce, la filosofia appare giusta; la misura sulle delocalizzazioni delicata; quindi servirà un attento monitoraggio della concreta realizzazione su territori fragilissimi
https://www.forlitoday.it/cronaca/alluvione-spiegazione-tecnica-pardolesi-salotto-blu.html qui alcuni elementi per capire perché il fiume Montone è esondato e ha rotto gli argini a Forlì, mentre il fiume Ronco che corre più incassato a est, fra Forlì e Forlimpopoli, non ha generato danni in città. Il diverso comportamento alluvionale dei due fiumi nel maggio del 2023 è alla base dell’ipotesi di lavoro del seminario.
Comunicato Stampa di Ediciclo Editore. Arriva in libreria dal 29 marzo per i tipi di Ediciclo editore il nuovo libro di Elisa Cozzarini Gli intrecci del fiume. Piccole trame in equilibrio variabile. Dopo Radici Liquide e Acqua guerriera, Cozzarini – da sempre impegnata su tematiche ambientali – torna ad occuparsi della questione delle acque, con un breve ma intenso saggio dedicato ai fiumi che diventano, esplorati per la collana piccola filosofia di viaggio, luoghi della memoria e spazio del selvatico da proteggere.
All’origine c’è stato il suono. Il rumore della roggia che sentivo scorrere da bambina, nei luoghi di vita e di gioco, con l’arietta fresca che arrivava dalla montagna ad accarezzarmi. Il rumore bianco. Non me ne accorgevo, ma mi accompagnava ogni volta che mettevo piede fuori casa, quando mi affacciavo alla terrazza in cucina, o dal salotto, oppure quando stavo in giardino. Crescendo, ritrovavo quel suono accanto ai ruscelli, nelle passeggiate in montagna, e mi faceva stare bene. L’ho capito molti anni dopo, quando, andando a trovare la nonna d’estate, mi sono portata un libro e mi sono seduta lì fuori a leggere. E il rumore mi ha portato via. I luoghi più speciali sono avvolti dal suono dell’acqua che scorre libera, ricordo dell’infanzia, di un tempo dilatato che appariva infinito.
Elisa Cozzarini vive e lavora in provincia di Pordenone. Laureata in Scienze Politiche, si occupa di ambiente, e in particolare di fiumi, da oltre quindici anni. Come giornalista, collabora con La Nuova ecologia, il mensile di Legambiente, e con il magazine online Vita.it. Si dedica al racconto dei luoghi attraverso la scrittura, la fotografia e l’audiovisivo. Fra i suoi libri: Acqua guerriera. Vite controcorrente sul Piave (Ediciclo, 2015), Radici liquide. Un viaggio inchiesta lungo gli ultimi torrenti alpini (Nuovadimensione, 2018) e Passeggiate d’acqua (Odòs, 2022).
A un secolo dalla costruzione della grande diga, il controverso rapporto della politica e delle comunità con il fiume e con il lago Omodeo. Una tavola rotonda per capire il triangolo sostenibilità ambientale, sviluppo economico e equità sociale in un ‘luogo’ classico della questione idrica
Nella drammatica alluvione del maggio 2023 in Romagna, praticamente tutti i corsi d’acqua hanno rotto gli argini o sono esondati, con una eccezione il fiume Ronco che lambisce Forlì. Le ragioni sono da indagare, ma pare abbiano retto le vasche di laminazione a monte della città a fronte di quantità di pioggia paragonabili a quelle di altri bacini della Romagna Alluvione in Emilia-Romagna — Regione Emilia-Romagna (pag. 18). Su questo associazioni locali e i tecnici della Regione si stanno interrogando: https://www.forlitoday.it/eventi/ripartono-le-attivita-a-spinadello-con-la-passeggiata-e-talk-lungo-il-fiume-prevenzione-e-adattamento-al-rischio-idrogeologico.html. Anche le scienze sociali possono dire qualcosa visto l’intreccio fra cambiamenti climatici, urbanizzazione spinta del territorio, opere di mitagazione e percezioni dell’opinione pubblica locale. Sarà oggetto di indagine sociologica di Giorgio Osti, dopo una visita con le studentesse del corso di Laurea di Scienze per il paesaggio (Unipd).